Carlo Emilio Gadda non si limitò a parlare di cucina nei suoi romanzi inserendo descrizioni gastronomiche ed elementi culinari, ma si cimentò nella stesura di vere e proprie ricette, in particolare, scrisse quella del risotto alla milanese con lo zafferano.
Da milanese doc, descrisse in maniera dettagliata le fasi della preparazione, partendo da un importante considerazione: «L'approntamento di un buon risotto alla milanese domanda riso di qualità». Continua poi: «La casseruola, tenuta al fuoco pel manico o per una presa di feltro con la sinistra mano, riceva degli spicchi o dei minimi pezzi di cipolla tenera, e un quarto di ramaiolo di brodo, preferibilmente di manzo: e burro lodigiano di classe. Burro, quantum prodest, udito il numero de' commensali. Al primo soffriggere di codesto modico apporto, butirroso-cipollino, per piccoli reiterati versamenti, sarà buttato il riso: a poco a poco, fino a raggiungere un totale di due tre pugni a persona, secondo l'appetito prevedibile degli attavolati: né il poco brodo vorrà dare inizio per sé solo a un processo di bollitura del riso: il mestolo (di legno, ora) ci avrà che fare tuttavia: gira e rigira. I chicchi dovranno pertanto rosolarsi e a momenti indurarsi contro il fondo stagnato, ardente, in codesta fase del rituale, mantenendo ognuno la propria «personalità»: non impastarsi e neppure aggrumarsi. Burro, quantum sufficit, non più, ve ne prego; non deve far bagna, o intingolo sozzo: deve untare ogni chicco, non annegarlo. Il riso ha da indurarsi, ho detto, sul fondo stagnato. Poi a poco a poco si rigonfia, e cuoce, per l'aggiungervi a mano a mano del brodo, in che vorrete esser cauti, e solerti: aggiungete un po' per volta del brodo, a principiare da due mezze ramaiolate di quello attinto da una scodella «marginale», che avrete in pronto. In essa sarà stato disciolto lo zafferano in polvere, vivace, incomparabile stimolante del gastrico, venutoci dai pistilli disseccati e poi debitamente macinati del fiore».
Nella prosa di Carlo Emilio Gadda, che sfiora quasi la poesia, scorgiamo l’amore per il cibo e l’importanza dei dettagli e della cura nel prepararlo. Innanzitutto per quanto riguarda l’uso del burro, che sì va usato al posto dell’olio, ma in modo equilibrato ed oculato, e di cui successivamente asserisce: «Alla margarina dico no! E al burro che ha il sapore delle saponette: no».
Infine, inserisce gli ultimi consigli e ammonizioni: «Il risotto alla milanese non deve essere scotto, ohibò, no! Solo un po' più che al dente sul piatto: il chicco intriso ed enfiato de' suddetti succhi, ma chicco individuo, non appiccicato ai compagni, non ammollato in una melma, in una bagna che riuscirebbe schifenza. Del parmigiano grattuggiato è appena ammesso, dai buoni risottai; è una banalizzazione della sobrietà e dell'eleganza milanesi».
Questa è una vera e propria ricetta letteraria, che considera l’atto del cucinare come un rito sacro, che necessita di precisi ingredienti, gesti e accorgimenti. In questo caso possiamo affermare senza ombra di dubbio che la cucina è poesia.
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